Le origini della mozzarella sono direttamente legate all’ introduzione dei bufali in Italia. Una delle ipotesi più accreditate sostiene che la diffusione in Italia meridionale sia avvenuta, in epoca Normanna, partendo dalla Sicilia.

Intorno all’ XI secolo si completa l’impaludamento delle pianure costiere del basso versante tirrenico – Piana del Volturno e del Sele – assumendo così quelle caratteristiche ambientali più adatte all’ allevamento del bufalo.

Diversi scrittori e poeti furono ispirati da questo misterioso animale, tra cui Goethe nel corso di una sua gita ai templi di Paestum nel 1787 (“La mattina ci mettemmo in cammino assai per tempo e percorso una strada orribile arrivammo in vicinanza di due monti dalle belle forme, dopo aver traversato alcuni ruscelli e corsi d’ acqua, dove vedemmo le bufale dall’ aspetto d”ippopotami e dagli occhi sanguigni e selvaggi. La regione si faceva sempre più piana e brulla: solo poche casupole qua e là denotavano una grama agricoltura”), nonché Rocco Scotellaro, il quale scriveva: “…ogni bufala ha un nome che è un versetto e i nomi di una mandria di bufale sono un poema” (1940). Inizialmente utilizzato come animale da lavoro, per la sua rustica costituzione, divenne poi prezioso per la produzione di latte.

Ma solo a partire dal XV secolo risalgono le prime “bufalare”, caratteristiche costruzioni in muratura, dalla forma circolare con un camino centrale, dove si lavorava il latte di bufala per ricavarne provole, caciocavalli, burro, ricotta e naturalmente mozzarelle di bufala.

Storia ed origini

Il termine “mozzarella” deriva dal verbo “mozzare”, che consiste nel maneggiare con le mani e con moto caratteristico il pezzo di cagliata filata e di staccare subito dopo con gli indici ed i pollici le singole mozzarelle nella loro forma più tipica: tondeggiante.

Già nel XII secolo, quando le bufale furono sempre più apprezzate per la produzione del loro latte, rendendo consolidata la loro presenza nelle pianure costiere della piana del Volturno e del Sele, compaiono i primi documenti storici che testimoniano come i Monaci del monastero di San Lorenzo in Capua, erano soliti offrire, un formaggio denominato mozza o provatura (quando affumicato), accompagnato da un pezzo di pane, ai pellegrini componenti del Capitolo Metropolitano, che ogni anno, per antica tradizione, si recavano in processione sino alla chiesa del Convento.

Ma bisogna aspettare l’ anno 1570 quando, appare per la prima volta il termine “mozzarella” in un testo famoso di Bartolomeo Scappi, cuoco della corte papale.

Con l’ unificazione d’ Italia vide la luce ad Aversa, la “Taverna“: un vero e proprio mercato all’ ingrosso delle mozzarelle e dei derivati caseari prodotti dallo stesso latte tra cui è bene citare la ricotta, che, quotidianamente, stabiliva le quotazioni in relazione alla produzione e alla richiesta. Il commercio era regolato sulla base di veri e propri contratti che entravano in vigore dal primo settembre al 31 agosto dell”anno successivo, stipulati tra il proprietario delle bufale che trasformava anche il latte ed il “distributore” dei prodotti.

La mozzarella veniva ritirata nei luoghi di produzione “pagliare” o “difesa“, già pesata e avvolta in foglie di giunco o di mortella, ordinatamente disposte in cassette di vimini o castagno e trasportata fino all’ ubicazione del negoziante.

Processo produttivo

ll latte di bufala, ha una composizione diversa da quella di altre specie animali utilizzate per la produzione di formaggio, rispetto a quello di vacca e pecora ad esempio, è più ricco di proteine, grassi e soprattutto calcio totale. Queste caratteristiche chimiche permettono a chi lo trasforma di ottenere delle rese di caseificazione pari al doppio di quelle che in genere si ottengono con il latte di mucca. Un’ altra caratteristica singolare è l’assenza di carotenoidi nella sua composizione, ciò si trasmette nelle caratteristiche del prodotto finito nell’ assunzione del tipico ed unico colore bianco porcellanato della Mozzarella di Bufala Campana. Il latte prodotto nelle aziende agricole viene trasportato in tempi brevissimi negli stabilimenti di produzione dove viene sottoposto a tutti i controlli igienico-sanitari e a quelli ulteriori del Disciplinare prima di dare inizio alla vera e propria lavorazione.

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Acidificazione e coaugulazione

La coagulazione è preceduta dall’ aggiunta nel latte, portato precedentemente ad una temperatura tra i 33 e 39°C, di siero innesto naturale (detto cizza) proveniente dalla lavorazione medesima del giorno precedente. Tale aggiunta serve a rendere il latte attivo e pronto per la immediata e successiva coagulazione che viene effettuata in caldaie o polivalenti in acciaio, mediante esclusivo utilizzo di caglio naturale di vitello.

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Rottura e maturazione della cagliata

Dopo alcuni minuti che il latte è rappreso per l’intervento del caglio, si procede alla rottura degli stessi grumi caseosi con un attrezzo denominato “spino” che li riduce fino ad una grandezza di poco più di una noce. A partire da questo momento si verifica la separazione tra la fase solida e la fase liquida del latte (sineresi). La fase liquida, allontanata mediante prelievo, è detta “siero dolce” ed è la materia prima con cui si ricaverà la squisita Ricotta di Bufala Campana, mentre la fase solida è detta cagliata. Quest’ultima è lasciata acidificare sotto siero fino a quando sarà definita “matura”o “pronta” per la filatura dal casaro, mediante il saggio di filatura che esegue personalmente.bdm-23bdm-33bdm-30-1024x683

 

Il saggio di filatura

Questa prova empirica, ma assolutamente attendibile nelle mani esperte di una mastro casaro, consiste nell’ aggiungere acqua bollente a circa mezzo chilogrammo di cagliata sminuzzata che, amalgamata fino a farla fondere, viene tesa con le mani ed un bastoncino di legno: se si allunga uniformemente senza spezzarsi, è giudicata “pronta” per la fase successiva di filatura. La cagliata al giusto grado di maturazione viene posta su tavoli spersoi dove avviene lo spurgo di tutto il siero residuo, successivamente viene tagliata a listarelle e riposta in particolari contenitori, ancora oggi prodotti in legno chiamati “mastelli”, dove viene aggiunta acqua bollente. Il contatto tra acqua bollente e cagliata provoca la fusione della massa che viene di continuo sollevata e tirata fino ad ottenere un unico corpo omogeneo.

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Dalle ciliegine alle trecce

Nella stragrande maggioranza dei caseifici una parte non trascurabile della fase di formatura è effettuata dal casaro e dai suoi collaboratori manualmente, la restante parte è effettuata con l’ausilio di macchine operatrici dette formatrici che producono pezzature a peso predeterminato.La Mozzarella di Bufala Campana così prodotta viene da prima lasciata in vasche contenenti acqua fredda per garantire un primo importante rassodamento, che si completa in altre vasche contenenti anche soluzione saline che conferiscono al prodotto il giusto grado finale di sapidità. Oltre alla forma tondeggiante che parte dai 20 grammi (perlina, ciliegina, bocconcino), il disciplinare di produzione prevede diverse altre tipologie, quali, nodini e trecce fino a tre chilogrammi.

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